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Gennaio 2024

Caro affitti a Milano: sale il prezzo delle case, anche in periferia.

Una città che prende più di quello che riesce a dare: questa è la contraddizione che rischia di vivere Milano, dove il 34% dei contribuenti dichiara un reddito lordo inferiore a 15mila euro l’anno, ma dove nel periodo 2015-2021 i prezzi medi delle abitazioni sono cresciuti del 41%, gli affitti medi del 22% e la retribuzione media di operai e impiegati è cresciuta, rispettivamente, solo del 3 e del 7 per cento. Sono i dati principali emersi dal report dell’Osservatorio Casa Abbordabile (Oca), in partnership con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano.

Secondo lo studio, in Italia, i processi di ridimensionamento e trasformazione dell’intervento pubblico nel campo delle politiche della casa rispetto alle dinamiche di un mercato immobiliare in buona parte slegato dall’economia reale, redditi e retribuzioni in contrazione, con poche città realmente attrattive che richiamano una forte domanda a fronte di un’offerta rimasta per lo più vetusta e inadeguata hanno contribuito a far emergere la questione.

A Milano, la proporzione tra redditi e costi abitativi per chi accede all’abitazione è diventata assai critica. Dal 2015, il rialzo dei valori immobiliari in zone sempre più lontane dal centro ha pesato progressivamente sulle spalle dei lavoratori a reddito medio basso. Se si analizzano i dati relativi al numero di alloggi di edilizia residenziale pubblica, si può notare come, dal 2015 al 2021, nel comune di Milano sono stati richiesti permessi di costruire da enti pubblici per soli 196 alloggi, pari all’1,1% del totale dei permessi richiesti, con una conseguente offerta di alloggi pubblici largamente inferiore alla domanda espressa: nel 2022 sono state presentate domande da 36.946 nuclei familiari a fronte di 1.523 alloggi messi in avviso e di 1.297 alloggi assegnati.

Un mercato in rapida crescita, una offerta pubblica stagnante e un’offerta sociale che si sta dimostrando economicamente troppo costosa per i nuclei a basso reddito: a Milano, i contratti di locazione sono cresciuti da 40.165 nel 2015 a 55.830 nel 2021, ma soprattutto nel mercato transitorio (che passa dal 17,5% al 27,2% dei nuovi contratti) e con canoni in forte crescita: il canone medio registrato da Omi (Osservatorio Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate) è cresciuto da 129,6 euro/mq annuo nel 2015 a 173,4 euro/mq annuo nel 2022 (+33,8%), mentre il portale di intermediazione Immobiliare.it per gli stessi anni registra canoni da 182,4 euro/mq annuo nel 2015 a 239,9 euro/mq annuo nel 2022 (+31,5% per cento).

Si mantiene molto bassa l’offerta a canone concordato e agevolato studenti, complessivamente ferme al 5% dei contratti. Per quanto riguarda le compravendite, il prezzo al metro quadro è cresciuto mediamente del 40,7% tra il 2015 e il 2021, con un aumento rilevante delle quotazioni di quei quartieri riconosciuti fino al 2014 come più economici (identificati tramite zone omogenee Omi). In particolare, risulta preoccupante la crescita dei valori in tre zone: Stazione Centrale-Viale Stelvio (+ 32,7%); i quartieri di Cenisio, Farini e Sarpi (+ 24,6%); Tabacchi, Sarfatti e Crema (+22,8 per cento).

L’indagine spiega anche che i prezzi delle abitazioni crescono tre volte più rapidamente di redditi e retribuzioni, gli affitti quasi due volte più rapidamente. Ma se guardiamo alle retribuzioni stagnanti delle categorie medio-basse, nella classificazione Inps denominate “operai” (in media 1.410 euro di retribuzione mensile lorda) e “impiegati” (in media 2.435 euro) – che insieme rappresentano il 61% dei lavoratori milanesi –, i prezzi di acquisto crescono ben 13,6 volte più velocemente delle retribuzioni degli “operai” e 5,8 volte di quelle degli “impiegati”; i canoni di locazione crescono rispettivamente 7,3 e 3,1 volte più velocemente delle retribuzioni medie delle stesse categorie.

I dati restituiscono la realtà di una città in cui per molti, soprattutto per i nuovi arrivati (chi non era già in possesso di un immobile a Milano) e per i profili reddituali medio bassi, il reddito da lavoro non è più sufficiente a garantire una vita quanto meno dignitosa: infatti, il 57% dei contribuenti milanesi dichiara un reddito lordo inferiore a 26mila euro l’anno e il 34% dichiara un reddito lordo inferiore a 15mila euro l’anno.

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Pessano con B.go (MI) - Rif. 9265

Vicinanze svincolo TEEM. Nella zona industriale principale proponiamo in esclusiva immobile indipendente di buona immagine composto da capannone al piano terra con servizi per mq. 420 e piccolo soppalco uso deposito per mq. 20, oltre a palazzina uffici sul fronte composta da uffici e servizi su due livelli per mq. 80 totali. L'immobile è dotato di un'area cortilizia su 3 lati per mq. 475 accessibile tramite cancello elettrico. Il capannone è dotato di riscaldamento mentre gli uffici sono forniti di climatizzazione invernale ed estiva. Libero subito.

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Burago di Molgora (MB) - Rif. 10054

In prossimità dell'uscita della Tangenziale Est di Burago di Molgora proponiamo immobile industriale, situato all'interno di un complesso condominiale, composto da capannone per mq. 620 con 2 portoni per carico e scarico ed altezza di metri 4,50 oltre ad uffici con ingresso indipendente suddivisi in vari locali per mq. 160. Impianto elettrico completo ed a norma. Negli uffici è presente impianto di riscaldamento e condizionamento autonomo. Area esterna pertinenziale di mq. 200 sul fianco. Libero dal 1 giugno 2024.

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L'indennità da perdita avviamento commerciale,

comunemente detta "buonuscita": in quali casi è esclusa? 

L’art. 34 della legge n. 392/78, dispone che in caso di cessazione del rapporto di locazione di immobile ad uso commerciale, turistico, industriale, sportivo o professionale, il conduttore ha diritto ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto, ovvero a 21 mensilità se si tratta di attività alberghiera.

La stessa norma prevede il pagamento di un’ulteriore somma pari alla precedente se, a seguito della cessazione della locazione, il locale venga adibito, dal proprietario o da terzi, alla stessa attività precedentemente svolta o ad attività affini entro un anno dalla cessazione. 

La finalità dell’indennità è quella di risarcire il conduttore, ristabilendo l’equilibrio economico alterato a seguito della cessazione della locazione, riconoscendogli un compenso per la perdita dell’avviamento che egli ha creato con la propria attività.

Ulteriore finalità è quella di evitare che il locatore si avvantaggi illegittimamente dell’incremento di valore del locale, dovuto all’esercizio dell’attività da parte del conduttore. 

L’indennità di avviamento non è dovuta nei seguenti casi:

– risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore

– risoluzione del contratto per disdetta o recesso del conduttore

– risoluzione del contratto a seguito dell’apertura di procedura fallimentare del proprietario. 

L’art. 35 della medesima L. 392/78, però, precisa che sono esclusi dal diritto all’indennità di avviamento oltre alle attività che non comportino un contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, anche quegli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, stazioni di servizio, alberghi e villaggi turistici.

La ragione di tale ultima esclusione è attribuibile al fatto che l’avviamento, in questi casi, non è frutto dell’attività del conduttore, perché il locale -per la sua posizione- gode dell’avviamento delle altre attività commerciali presenti nel centro.

Si parla, in proposito, di avviamento “parassitario” poiché conseguente all’attività da altri svolta: in tali casi, infatti, la clientela non sarebbe il frutto dell’attività del conduttore ma semmai la conseguenza della particolare collocazione dell’immobile all’interno di detti più ampi complessi in cui “gli utenti garantiscono un flusso stabile di domanda”.

Per i locali inclusi, invece, all’interno di un centro commerciale, non si applica in automatico l’esclusione del diritto all’avviamento ma occorre valutare la capacità dell’attività svolta di creare un avviamento “proprio”, con una propria clientela, indipendentemente dagli altri esercizi presenti nel centro commerciale.

 La Corte di Cassazione, infatti, con la sentenza n. 18748 del 23/09/2016 ha statuito che, anche quando il contratto abbia ad oggetto immobili interni o complementari a centri commerciali, debba essere riconosciuta l’indennità da perdita di avviamento commerciale, allorchè ricorrano i presupposti ex art. 34 l.392/1978.

E’ il caso, ad esempio, di un’attività di lavanderia che si trovi all’interno di un centro commerciale: se tale attività ha acquisito una clientela propria - ancorchè condivisa con altri esercizi del Centro Commerciale - che la sceglie e continua a sceglierla generando un rapporto di fiducia e di gradimento commerciale, ciò costituisce, per l’appunto, un avviamento proprio.

Non si da più per scontato, quindi, che le locazioni all’interno dei centri commerciali rientrino nelle ipotesi di esclusione dell’avviamento commerciale di cui all’art. 35 l. 392/78.

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